giovedì 6 gennaio 2011

ANGELO VASSALLO PERSONAGGIO AMBIENTE 2010. PER NON DIMENTICARE

di Carmen Vogani

Il 5 settembre 2010 insieme ad Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica (Salerno) ucciso dalla camorra, è morto anche il sogno di un’Italia pulita. Nel Cilento Angelo Vassallo era conosciuto come il “sindaco-pescatore”, amava il mare e aveva improntato la sua politica in difesa dell’ambiente, contro l’abusivismo edilizio. Iscritto tra le fila del Partito Democratico, Vassallo negli ultimi tempi era critico nei confronti del suo partito; per la sua Campania immaginava una politica ben lontana dalle diatribe intestine alle coalizioni di centrosinistra, tanto che, in un’intervista rilasciata un mese prima di morire, Vassallo aveva espresso approvazione per il decisionismo della Lega. Per il Meridione occorre altro, Vassallo ne era cosciente, la condizione di subalternità del Sud si trascina storicamente e si macchia di illegalità costantemente. Vassallo ha provato a gridarlo, si è rimboccato le maniche, ma è stato lasciato solo. Il pm Alfredo Greco, che ha seguito fin da subito le indagini sull’omicidio di Angelo Vassallo, ha dichiarato che ultimamente il sindaco era molto preoccupato. Vassallo, magra consolazione, non era stato abbandonato al momento della morte; la società civile aveva partecipato in massa ai suoi funerali, manifestando stupore e indignazione. La stampa aveva dato la notizia in prima pagina, fatta eccezione per qualche triste testata che nel giorno dei funerali del sindaco di Pollica aveva preferito sbattere in prima pagina i soliti pastoni politici. Anche il mondo della politica aveva chiesto giustizia. Lo stupore, si sa, vive il tempo di un sospiro, poi la maggior parte dimentica, un po’ perché conviene, un po’ perché la brutalità della criminalità organizzata striscia quotidianamente sotto i nostri occhi e coltiva il veleno dell’assuefazione. Recentemente, l’ex sindaco di Pollica è stato decretato il personaggio che più ha influenzato l’ambiente in Italia nell’anno in corso. Tra i venti candidati scelti da un comitato tecnico di giornalisti ambientali, Vassallo è stato eletto Personaggio Ambiente 2010. Un premio alla memoria, sicuramente un riconoscimento importante che segnala l’impegno concreto di Vassallo, ma che non basta. Innanzitutto Vassallo non va dimenticato, questo è il dovere morale e civile che spetta a quella parte sana di cittadinanza che al Sud, così come nel resto dell’Italia, c’è e resiste contro un mostro non troppo invisibile. Il ricordo di Vassallo è vivo, ad esempio, nell’Ottavo Municipio di Roma; il 10 dicembre scorso, l’associazione culturale “NSR-Nuovi Scenari Roma” ha consegnato una tessera onoraria simbolica ad Angelo Vassallo per il suo impegno contro l’illegalità. Il riconoscimento è stato ritirato dal fratello del sindaco, Dario Vassallo, il quale ha voluto omaggiare a sua volta l’associazione culturale dell’VIII Municipio donando una stampa fotografica che ritrae Angelo Vassallo sorridente, sotto la scritta “Qui tutto è pulito”. Le associazioni Mediapolitika e DaSud, ricorderanno Angelo Vassallo il 26 gennaio 2011, durante l’incontro “Contromafie – Legalità e libera informazione in terre di mafia” che si terrà presso la Facolta di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma Tor Vergata. La criminalità organizzata negli ultimi anni ha cambiato volto, non si muove nell’ombra, distrugge l’ambiente e corrompe dirigenti politici in ogni angolo del Paese. Schiene dritte come quella di Vassallo hanno un destino segnato, complice l’inerzia volontaria dello Stato e la mentalità connivente di una minoranza di cittadini. Mentre in Parlamento viaggiano scortati anche quando non vi è la necessità, ad un piccolo sindaco coraggioso viene tolta la vita. Vassallo è un eroe, ma di sicuro egli voleva essere solo una persona normale, un giusto.

sabato 17 luglio 2010

MAFIE, APPELLO "INCENDIARIO" A NON PIEGARE LA SCHIENA

di Vincenzo ARENA

In piedi! Guardiamola negli occhi questa mafia e a muso duro urliamo forte il nostro resistere. Resistere ai suoi soprusi e ai suoi sottili condizionamenti. Ai suoi messaggi in codice, all'attacco ai Simboli della legalità. A Palermo son state divelte le statue di Falcone e Borsellino in Via Libertà. Ieri, oggi, domani siamo stati, siamo e saremo tutti Falcone e Borsellino! Su giovani, ragazze e ragazzi, alzate la testa, strappatevi le bende dal viso. Torniamo a lottare contro i colletti bianchi che inquinano la nostra economia, cementificano la nostra natura, contro le mafie silenziose che inquinano le nostre acque e le nostre terre regalandoci "floridi" frutti. Ribelli e fieri, talentuosi e vivi sfidiamo i dinosauri che occupano questo Paese. Fuori le mafie grandi e piccole, fuori i baroni, i signorotti,i padronati e le corporazioni bianche, rosse e nere. Riprendiamoci il nostro futuro. Sono settant'anni che in questo Paese tentacoli oscuri strozzano le nostre ambizioni. E i nostri nemici son da tutte "le parti"... ammantati di tutti i vessilli, sventolanti tutte le bandiere possibili. Fermi sulla cima del mondo lanciamo alle stelle la nostra sfida: mai più servi, mai più silenziosi e cupi nell'attesa che qualcuno "ci aiuti"... fermi... compiamo il nostro dovere senza accettare i compromessi, senza adattarci alle regole del sistema. "Il supremo valore della legalità" come stella polare... perchè nella legalità e nel pretendere come diritto quello che invece oggi supplichiamo come piacere è la vera svolta! In questa medicina normalissima è la fine della parte marcia (diffusa e trasversale) della classe dirigente. Non servono molotov incendiarie, nè piani eversivi. In questo Paese, da decenni le armi più pericolose ed eversive sono la dignità e il senso del dovere. Basta essere in tanti a non piegare la schiena, a non adattarsi some pecoroni ai conformismi di qualunque fatta. Basta non dare l'anima... e vivere un giorno di più da Falcone e Borsellino e mille giorni di meno da De Luca, Dell'Utri e Cosentino.

(fonte foto: www.palermo.repubblica.it)

lunedì 26 aprile 2010

PALERMO, "ALBERO FALCONE": RICOSTRUIAMO MEMORIA E TESTIMONIANZA ANTIMAFIA


FONTE: www.panorama.it

di Vincenzo Arena

Palermo, Via Notarbartolo, lì dove c'è "Casa Falcone". L'albero dedicato a Giovanni Falcone è spoglio. Stupidi vandali o - ancor peggio - consapevoli e coerenti "emissari" di Cosa Nostra hanno rubato i tantissimi messaggi a sostegno del magistrato ucciso nel 1992, il lenzuolo con le immagini di Falcone e Borsellino e la scritta "Le loro idee camminano sulle nostre gambe". Ma i palermitani non ci stanno... tanti si stanno recando in via Notarbartolo a rinsaldare il legame con la memoria antimafia lasciando nuovi messaggi su tronco spoglio. Lo stesso sindaco Cammarata ha voluto compiere un gesto che testimoniasse la presenza delle istituzioni in uno dei luoghi simbolo dell'antimafia: ha lasciato sull'"Albero Falcone" una foto dei due magistrati del pool con lo slogan "Eroi per sempre". Ricostruire e rinsaldare la memoria, mai abbassare la guardia, stimolare i cittadini ad ergere barriere contro le sottili intimidazioni o gli stupidi vandalismi. Perchè la lotta alle mafie è una questione eminentemente culturale e passa per piccoli gesti, per piccoli luoghi della memoria, per i gesti e le azioni di ognuno nella vita di ogni giorno.

lunedì 12 aprile 2010

VIBO VALENTIA, FUORI LA 'NDRANGHETA DALLA PROCESSIONE DI SANT’ONOFRIO


di Carmen Vogani

La manifestazione religiosa dell’11 aprile, a Sant’Onofrio, in provincia di Vibo Valentia, è diventata un’occasione per dire di no alla mafia, questo è il dato positivo. Come si sia arrivati alla processione ripulita dai boss mafiosi, invece, è una storia ormai nota, di quelle che riescono a saltare il muro dell’indifferenza e arrivano addirittura a solleticare l’interesse degli organi di informazione nazionale.

E’ successo un fatto tanto inusuale quanto importante in Calabria, la Chiesa ha condannato la ‘ndrangheta con una misura che si è rivelata, spiace dirlo visti i risvolti, efficace. Il vescovo di Mileto, Luigi Renzo, ha mandato nelle parrocchie una serie di raccomandazioni per lo svolgimento, decisamente sacro, delle manifestazioni pubbliche. Una tra le ‘buone regole’ in particolare condannava le ‘ndrine a pagar pegno: fuori dalle processioni. A questo punto della storia, una pagina piena di coraggio e responsabilità civile la scrivono il parroco di Sant’Onofrio, don Franco Fragalà e il priore della confraternita, Michele Virdò. La novità per la domenica di Pasqua nel vibonese è che le statue della Madonna Addolorata, di San Giovanni e del Cristo Risorto, non saranno portate a spalla dagli ‘uomini d’onore’, i ‘portatori’ saranno sorteggiati. In molti comuni calabresi, accanto a coloro che per voto o devozione sorreggono le statue religiose, sfilano anche i mafiosi, è un simbolo di forza da esibire a tutta la comunità, la perversa investitura del loro potere.

Il pentito Rosario Michenzi, autista del commando della strage dell'Epifania negli anni ’90 (la faida consumata tra la cosca dei Petrolo e quella dei Bonavota, quest’ultimi mantengono tutt’oggi il controllo del territorio), aveva raccontato che a Sant’Onofrio, gli affiliati alla ‘ndrangheta ufficializzano il loro rito di iniziazione proprio nella festa dell’Affruntata portando sulle spalle la statua di San Giovanni.

A Sant’Onofrio, dove il comune è stato sciolto per presunti condizionamenti mafiosi, non appena si è alzata la voce dell’antimafia, il colpo della pistola ha risposto; sabato 3 aprile, la notte prima di Pasqua, la 'ndrangheta ha sparato alcuni colpi di arma da fuoco al cancello della casa del priore Michele Virdò. Dunque, per motivi di sicurezza, la Pasqua di Sant’Onofrio ha rinunciato all’Affruntata, posticipata alla domenica successiva, quella dell’11 aprile.

Domenica 11 aprile a Sant’Onofrio c’erano autorità dello Stato, politiche, militari e tanti cittadini, qualcuno ha perfino storto il naso: “Questa è la festa di noi del posto – ha detto ai microfoni del Tg1 una donna del vibonese – questa non è la festa degli stranieri”. Qualcun altro è rimasto a casa, magari ha sbirciato dalla finestra, perché scendere in piazza a venerare il Santo poteva diventare un segno particolare, d’altronde i colpi della pistola non hanno lasciato la traccia solo sulla casa di Michele Virdò. La cerimonia si è conclusa con il rito di sempre, il priore Virdò ha tolto il velo nero della Madonna Addolorata. Per togliere il velo dell’omertà e delle collusioni con la ’ndrangheta, invece, bisognerà aspettare… un miracolo.

ELEZIONI A CASAL DI PRINCIPE, CLAN "IN LISTA"? NOI NON TACIAMO...

di Vincenzo Arena

Lancio d'agenzia dell'ANSA, oggi 12 aprile, ore 11,54: "Le prossime elezioni amministrative a Casal di Principe (Caserta) sono al centro dell'attenzione della Dda di Napoli che, secondo quanto riporta oggi Il Mattino, ha avviato un'indagine per accertare condizionamenti della criminalità organizzata. In particolare il giornale - col titolo "Casal di Principe, sul voto le mani dei clan-Indagine Dda: polizze Rca per comprare preferenze, parenti di boss nelle liste per le comunali' - riferisce di 'trenta nomi monitorati dagli uffici antimafia di polizia e carabinieri'' e di ''polizze Rca auto usate come merce di scambio'.Dalla Prefettura di Caserta si fa sapere che prosegue, come sempre in occasione specie degli appuntamenti elettorali, l'attività di vigilanza sull'andamento del voto. A Casal di Principe si vota domenica prossima in seguito ai provvedimenti adottati dal sottosegretario Bertolaso per le inadempienze contestate all'Amministrazione comunale nella gestione del comparto dei rifiuti".

Sempre l'ANSA alle 12.42: "I sindaci dei comuni di Casal di Principe, Maddaloni e Castel Volturno nei mesi scorsi sono stati rimossi perchè inseriti nella lista nera di Bertolaso per inadempienze nel settore rifiuti. Il Tar del Lazio, su ricorso dei tre sindaci, ha reintegrato nelle funzioni i tre primi
cittadini ma la decisione del Tribunale amministrativo è stata impugnata, poi, dal Ministero dell'Interno al Consiglio di Stato che ha annullato il provvedimento di reintegro. Dopo la sentenza del Tar, la Prefettura di Caserta ha indetto le elezioni per il 28 e 29 marzo scorsi, poi rinviate a domenica
e lunedì prossimi in seguito al provvedimento del Consiglio di Stato".

Ed ancora Emilio Di Cioccio, su www.lunaset.it (periodico campano on line), oggi scrive: " (...) a Casal di Principe, nonostante il clamore suscitato non soltanto dalle continue sortite dello scrittore Roberto Saviano ma, soprattutto, dalle pesanti inchieste giudiziarie che hanno travolto - e travolgono - l’omonimo clan, nulla sembra essere cambiato. Stessa musica anche per questa tornata elettorale, in virtù della quale la Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha aperto più di un fascicolo, giacché forti sarebbero le pressioni dei clan per far vincere questa o quella fazione politica. Polizze rca auto, soldi in contanti o regalie varie: insomma, è sulla compravendita di voti, o voto di scambio che dir si voglia, che la Procura antimafia vuol vederci chiaro; a maggior ragione se stiamo parlando della cosiddetta terra di “Gomorra”. “Per il momento, vigiliamo” dicono, laconicamente, gli investigatori. Ma la Prefettura, in vista del voto di domenica prossima, ha già allestito una vera e propria task force per presidiare, ovviamente, i seggi. Un lavoro tutt’altro che facile considerando che diverse sono le liste che, trasversalmente, presentano delle anomalie. E vale a dire: la presenza di presunti affiliati ai clan o, comunque, parenti di boss o di politici condannati in passato".

Il 18 e 19 aprile Casal di Principe va al voto e sembra, per l'ennesima volta andarci "sotto scacco" mafioso. Pochi giornali parlano di questa vicenda. L'ANSA lancia nella casacata di lanci giornalieri queste agenzie. Il Mattino titola in prima ma a piè di pagina. Certo meglio del silenzio assordante degli altri quotidiani nazionali e delle rispettive edizioni locali che o bucano la notizia o la rilegano a trafiletti di cronaca.

Noi nel nostro piccolo cerchiamo di dar voce al dramma di queste piccole realtà che vivono sotto la cappa di terrore della camorra. Casal di Principe, dice Saviano, non è solo camorra. E lo ribadiva qualche mese fa anche Michele Schiavone, presidente del "Forum dei Giovani" della città, organizzatore di una serie di eventi di sensibilizzazione antimafia. Di queste iniziative scriveva lo scorso novembre Luigi Merola su Repubblica Napoli: "Casal di Principe, venerdì scorso, mi ha dato la certezza che davvero c´è una buona parte che ha cambiato pagina. Quella pagina bella che vorremmo vedere in tutti i paesi del sud dove la camorra ha fatto da padrona. Questi giovani hanno aperto una breccia in questo pesante muro di omertà e di silenzio, armi indiscusse dei clan. Finalmente quel velo di silenzio è stato squarciato. Ma questi giovani, durante il dibattito, hanno urlato una grande ingiustizia. Due testimonianze sono state al centro del dibattito: un imprenditore, Raffaele, al quale è stato revocato l´appalto vinto in Abruzzo solo perché la prefettura si era accorto che era cittadino di Casale. Eppure Raffaele non ha mai avuto una multa, mai è stato segnalato dalle forze dell´ordine come appartenente ad un gruppo criminale. 'La nomea che Casal di Principe è terra di camorra', ha detto questo giovane, 'deve finire'. Casal di Principe è terra di lavoro, di centinaia di papà che lasciano ogni inizio settimana le loro famiglie per andare a fare gli operai al centro e al nord dell´Italia. Vanno bene i controlli delle forze dell´ordine e della prefettura, ma mai e poi mai far tutto un´erba un fascio. Infatti un altro giovane, Mario, ha concluso con un agghiacciante episodio capitatogli qualche mese fa mentre era ad un colloquio finale di lavoro presso una grande azienda: scartato solo perché nato a Casal di Principe. Da oggi impariamo a rispettare Casal di Principe se davvero crediamo nella forza e nel coraggio di questi giovani".

La forza e il coraggio dei giovani. Di tutti quei giovani pugliesi, calabresi, siciliani e campani che sull'esempio di don Peppe Diana son capaci di urlare con forza "per amore della mia terra non tacerò". Ed anche noi, per amore di questa terra "bellissima e disgraziata" non abbiamo proprio alcuna intenzione di tacere...

domenica 11 aprile 2010

AFORISMI DI LIBERTA'... LA PAROLA CHE FA PAURA ALLE MAFIE

di Vincenzo Arena

Aforismi di libertà. Riproponiamo di seguito stalci di scritti di quattro giornalisti ammazzati dalle mafie: Beppe Fava, Giancarlo Siani, Beppe Alfano, Peppino Impastato.

La parola, le parole... pillole di nitroglicerina se bene ponderate e bene cercate dietro il velo dell'omertà, dietro la vergogna della connivenza e delle storture morali. Le parole fanno paura... ai politici collusi, agli imprenditori compiacenti, alle mafie di ieri e di oggi. A quelle di oggi soprattutto, alle "quinte mafie" della finanza, delle professioni "alte"... Perchè le nuove mafie sanno leggere bene, conoscono il potere dei media, spulciano intenet, sfogliano i giornali e guardano le tv libere. Le nuove mafie... quelle dei boss architetti, avvocati, imprenditori...

Beppe Fava: "Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo". (Il Giornale del Sud, 1981)

Beppe Alfano: "Non è più tollerabile che Barcellona debba sottostare alla legge del terrore imposta da esseri socialmente pericolosi. Il tutto mentre le istituzioni politiche di peso stanno a guardare; alcuni partiti sono più latitanti che mai (…). Quali iniziative “forti” i due politici di razza barcellonese (sen. Santalco e on. Nania) hanno intrapreso negli ultimi anni presso il ministro degli Interni affinchè una volta per tutte anche i barcellonesi possano finalmente iniziare a vivere tranquilli?" (La Sicilia, 1991)

Peppino Impastato: "I miei occhi giacciono/in fondo al mare/nel cuore delle alghe/e dei coralli./Seduto se ne stava/e silenzioso/stretto a tenaglia/tra il cielo e la terra/e gli occhi/fissi nell'abisso."(Poesie di Peppino)

Giancarlo Siani: "Basta con la droga" lo hanno gridato nelle piazze, lo hanno detto a Sandro Pertini, lo ripetono ormai da tempo per ottenere strutture, comunità terapeutiche, un aiuto per liberarsi dalla "piovra". E nella provincia il malessere, il degrado, l'abbandono sono sempre più acuti. Dove gli intrecci tra camorra e droga sembrano imbattibili. Dove alla cronica carenza di tutto, dalle case al lavoro, agli ospedali, si aggiunge anche il ritardo negli interventi per il recupero dei tossicodipendenti. A Torre Annunziata e nella zona vesuviana si aspetta una comunità terapeutica, una "Zattera", un presidio sanitario da anni, ma fino ad oggi non è stato realizzato niente." (Il Mattino, 1985)

giovedì 18 marzo 2010

"NO MAFIA DAY" A REGGIO CALABRIA, CENTO PASSI DI DESOLAZIONE


di Carmen Vogani

C’è delusione per come sono andate le cose a Reggio Calabria il 13 Marzo. Il ‘No Mafia Day’, la manifestazione contro tutte le cosche nata sul web e che aveva raccolto più di 6.000 adesioni, non si è tradotta in una partecipazione fisica imponente come da buoni propositi. Non è stata una giornata di festa, di musica e di impegno, ma di imbarazzante desolazione. A nulla è valso l’invito della procura reggina di stare uniti, per mostrare pubblicamente il No alla ‘ndrangheta e a tutte le mafie.

L’anno dei fatti di Rosarno, della bomba alla procura di Reggio Calabria e delle intimidazioni ai giornalisti impegnati nella lotta alla mafia, non meritava un ‘No Mafia Day’ così misero. Sabato 13 Marzo a Reggio Calabria le condizioni climatiche erano avverse, ma siamo proprio sicuri che sia bastata la pioggia a scoraggiare i reggini? Chi ha marciato pacificamente per le strade della cittadina calabrese assicura che la maggior parte dei presenti è arrivata da altre regioni del nostro Paese, un dato su cui bisognerà riflettere.

Chi era presente ce l’ha messa tutta, ha urlato “Reggio non stare lì a guardare, scendi in piazza a manifestare”, ma di ritorno c’è stato solo l’eco di accenti estranei ad una città che muore lentamente. Dire che i cittadini reggini non sentono l’esigenza di liberarsi dalla mafia è una menzogna, anche se nei fatti il quasi immobilismo di sabato scorso fa pensare a ben altro.

Avevano annunciato la loro presenza alla manifestazione, tra gli altri, la Provincia di Reggio Calabria, il Museo della ‘ndrangheta, la Confesercenti, Confindustria, l’archivio multimediale Stopndrangheta.it, la Tavola provinciale della legalità, Sos Impresa e l’Atam (l’azienda di trasporti municipale). E poi associazioni, comitati, reti, movimenti e partiti politici, studenti e professori, cittadine e cittadini.

C’erano bandiere e politici in odore di regionali accanto agli organizzatori ai quali va comunque riconosciuto l’impegno e la tenacia. E’ possibile, che la politicizzazione dell’evento abbia indignato qualcuno, d’altronde fino a quando si relegherà la lotta alla mafia ai partiti di centrosinistra, i cittadini onesti che votano a destra, a buona ragione, saranno ostili a manifestazioni di questo tipo. I cittadini calabresi, condannati per omertà, dopo cortei e slogan, restano soli, scendere in piazza a qualcuno è sembrata l’ennesima occasione per illudersi di un cambiamento che pare quanto mai lontano, quindi è rimasto a casa. Una cosa è certa, sabato 13 Marzo, abbiamo perso tutti.